mercoledì 29 aprile 2009

Legge Regionale sui sottotetti

La nuova Legge Regionale del Lazio per il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti
commento a cura di Lucio Contardi (vice-Presidente sezione INU Lazio)


La nuova legge regionale sui sottotetti, che arriva dopo quella lombarda e quella pugliese, pone alcune questioni di qualche interesse che provo a riassumere.

Prima questione, di merito: il campo di applicazione esplicito della legge, cioè i sottotetti esistenti alla data di entrata in vigore della legge. La legge dichiara l’obiettivo di realizzare nuove abitazioni (o nuovi spazi abitativi per le abitazioni esistenti) senza ulteriore consumo di suolo. Se però avesse voluto distinguersi da un condono, avrebbe probabilmente posto uno sbarramento temporale sull’età degli immobili (40 anni per esempio) per interessare solo gli edifici che hanno esaurito il loro primo ciclo di investimento (La legge regionale esclude invece, all’articolo 7, 1° comma, le zone omogenee A, ossia i centri storici). Questo avrebbe generato una più “ingiusta casualità” nella distribuzione dei benefici immobiliari, ma avrebbe escluso il “calcolo astuto” sulla violabilità delle leggi. Credo che la questione etica del rispetto delle regole non sia di poco conto in questo momento di crisi del modello di sviluppo che chiede anche una nuova definizione dei comportamenti degli attori economici.

Seconda questione, ancora di merito: il campo di applicazione implicito, cioè la città diffusa che, per le tipologie edilizie che la compongono, contiene il maggior numero dei sottotetti esistenti alla data odierna. La legge di fatto premia il modello insediativo più energivoro ed a maggior consumo di suolo, contraddicendo gli obiettivi dichiarati di efficienza territoriale ed energetica. Ce n’era bisogno? Forse invece di consentire l’uso dei sottotetti per usi abitativi (anche abbassando i solai dell’ultimo piano calpestabile), conviene incentivare l’uso dei tetti per sfruttare il sole; per esempio incrementando, per la città diffusa, la differenza di costo tra l’energia acquisita dalla rete e quella autoprodotta.

Terza questione, di metodo: il rapporto con il piano. La legge prevede che i maggiori carichi insediativi siano compensati con il conferimento di superfici per standard, ovvero con la loro monetizzazione. L’obbligo al reperimento dello standard, previsto dalla legge attraverso i piani, si sposta nelle modalità dell’intervento diretto, a costo di una frammentazione e, quindi, di una minore efficacia dei benefici pubblici, a vantaggio di una fluidificazione ed istantaneità delle trasformazioni private. Si indebolisce il piano, come progetto di territorio, e si promuove una sorta di governo dei flussi di trasformazioni parcellizzate.

Quarta questione, di contesto: lo iato generazionale delle leggi regionali. La legge insegue una tendenza liberista ma si inserisce in un contesto legislativo regionale dirigista. Nel Lazio i piani urbanistici comunali vanno ancora dimensionati in rapporto ad un fabbisogno stimato sulla crescita demografica decennale che non può superare il 30%; l’edilizia residenziale pubblica, se prevista, deve assorbire una quota compresa tra il 30 ed il 70% delle previsioni del piano. E, nel contempo, si libera un incremento indefinito dei carichi insediativi per pratiche edilizie non governate, fuori delle previsioni dei piani. Abbiamo una regione schizofrenica, oppure c’è un doppio binario, massimalista sui principi giuridici ed empirista nella gestione?

Quinta questione, di resistenza: l’inderogabile necessità di una legge regionale riformista per il governo del territorio.
Non richiede spiegazioni.

[L.R. 16 Aprile 2009, n. 13 - Disposizioni per il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti: visualizza il testo di Legge]

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